Piccole Donne visto con gli occhi di un uomo

Piccole Donne visto con gli occhi di un uomo 

L’avete visto? Vi è piaciuto? A noi sì! E abbiamo scoperto che non piace solo alle donne: il nostro copy è andato a vederlo, un po’ per lavoro e un po’ per curiosità, ed è finita che non solo gli è piaciuto il film, ma è anche andato in Libreria a procurarsi un’edizione del romanzo e se lo è letto tutto (se li è letti tutti e quattro) in poche settimane.

Così lo abbiamo intervistato.

 _Davvero ti è piaciuto?

Certo che mi è piaciuto: è una storia d’altri tempi, è vero, ma resta una storia di formazione, in cui tutti i personaggi crescono, cambiano. E poi è girato bene e recitato benissimo.

 _Ma non è un film “da femmine”?

Secondo me anche un uomo può identificarsi in una sorella March: crescere in una famiglia povera, con desideri e ambizioni proprie, è una vicenda universale.

 _Tu in quale sorella ti riconosci?

Un po’ in Meg e un po’ - ovvio - in Jo. Ma anche un po’ nella signora March.

 _Avevi letto il libro, prima di vederlo?

No, anzi vedere il film è stata l’occasione per leggerlo. In fondo è un classico, e il bello dei classici sta proprio nell’essere in qualche modo universali, e sempre attuali.

 _Secondo te cosa c’è di attuale in Piccole donne?

L’impronta fortemente educativa di Louisa May Alcott. Sembra rigida, antiquata, con tutto il discorso di lavorare ogni giorno su se stessi per migliorare sempre di più. Eppure sa di buono, e viene il sospetto che, in qualche modo, ne abbiamo ancora bisogno.

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