Con quella faccina un po’ così
Emoticon, emoji, smile: le faccine ci aiutano a trasmettere l’emozione del momento, a dire qualcosa che non sappiano dire. Rafforzano un concetto, esprimono un consenso. Ci abbracciano, ci mandano baci, ci disapprovano, addirittura riescono a non esprimere un parere e, quando non parlano, dobbiamo aver combinato qualcosa di veramente grosso.
Mi piacciono gli emoticon, mi divertono, sono colorati e allegri. Sono uno strumento del nostro tempo, per cui bisogna accettarlo, farlo nostro, ma anche analizzarlo per capire le conseguenze che potrebbe avere, sui giovanissimi, per esempio, ma anche nelle relazioni di tutti i giorni. Ricevere sms dalle infoline di INPS, dall’helpdesk di uno store on line, dalla compagnia di assicurazione è in qualche modo imbarazzante.
Dobbiamo adattarci, portare la nostra cultura su questi nuovi modi di dare significato: esistono diverse legende per capire il significato di ogni faccina, e ne escono sempre di nuove.
Scriveremo, però, qualcosa di sintetico, standardizzato, in un linguaggio comune che lascia poco spazio all’espressione davvero personale. Gli scambi sono frettolosi, incasellati e tutti simili. In quanti modi, con le parole, diciamo ti voglio bene? Infiniti. E in quanti modi lo diciamo con le faccine? In uno soltanto perché non possiamo trasmettere le sfumature.
Da buona amante della scrittura e della lettura, penso spesso a quanto sia bella la nostra lingua, così ricca di sfumature che ci consentono di raccontare le nostre emozioni - le nostre, diverse da quelle di chiunque altro - e anche usare le parole che ci piacciono di più. Il nostro “lessico familiare”.
Da amante della comunicazione, però, non so rinunciare a giocare con gli emoticon. E ci si intende sempre, a patto di usarli bene.
Come per mandarvi , cari followers.